Dieci dischi per riassumere tutto il 2o15 non sono sufficienti, ovvio. Questa che leggerete non vuole essere una scrematura precisa dei lavori migliori, né tanto meno una classifica. Semplicemente sono dieci titoli davvero importanti: quelli che hanno portato qualcosa in più che prima non c’era e che, a loro modo, possono raccontarci il futuro che sta già accadendo. Insomma, dieci album che dovete assolutamente conoscere e ascoltare.
Jamie XX – In Colour (Young Turks)
È il disco elettronico del 2015, senza dubbio. Jamie XX ha lo spessore di figure del calibro di Aphex Twin o di A Guy Called Gerald, ovvero: quando un’idea forte vale più di mille discorsi, tendenze, suoni o intuizioni. Che si tratti di musica giamaicana, nu-soul, ambient o tappeti di chitarre, Jamie Smith riscrive i generi, ci mette la firma e va avanti. Probabilmente un genio.
Kendrick Lamar – To Pimp a Butterfly (Top Dawg Entertainment)
Kendrick è il nuovo re del rap a livello mondiale e To Pimp a Butterfly ribadisce che l’hip hop deve essere un fiume fluido, che prende tutto e lo rimescola di continuo. E lo fa con la grazia di un improvvisatore jazz e basi che tirano giù i muri. Nel disco sono messi assieme tanti di quei generi che ormai è superfluo chiedersi che cosa siano queste canzoni: gospel, rap, elettronica? È la testa luccicante di un ragazzo di 28 anni che sta riscrivendo la storia della musica con naturalezza e carisma.
Iosonouncane – Die (Trovarobato)
In un momento dove l’attenzione dell’ascoltatore medio si calcola in manciate di secondi, Jacopo Incani decide di pubblicare un concept album. Di quelli densi, cupi e che vanno capiti strato dopo strato. È un disco vecchio, che sa di prog e di Battiato e, al tempo stesso modernissimo, dove il post-punk si mischia alla techno. È un album importante.
Sufjan Stevens – Carrie & Lowell (Asthmatic Kitty)
Dopo una colonna sonora e un album decisamente più sperimentale – entrambi belli, ma difficili – Sufjan Stevens ci regala quello che, in fondo, volevamo da tempo: un disco di canzoni. Pochi strumenti che illuminerebbero anche la notte più tormentata, anche se, a volerli leggere, i testi ti raccontano storie intime a dir poco spiazzanti.
Dr. Dre – Compton (Aftermath Entertainment / Interscope Records)
Uscendo in contemporanea con “Straight Outta Compton” il biopic sugli storici N.W.A. (di cui Dre è stato il produttore) ha creato confusione facendoci credere che fosse la colonna sonora del film. In realtà è molto di più: è un album dove i suoni vecchi vengono accostati ad altri inediti, dove i tanti rapper coinvolti (da Eminem fino a Kendrick Lamar) creano un unico e importante discorso. È un piccolo/grande monumento alla cultura hip hop nel senso più ampio del termine.
Floating Points – Elaenia (Luaka Bop / Pluto)
La sua storia ve l’abbiamo già raccontata: 29 anni, di Manchester, un dottorato in neuroscienze alla University College London e nei ritagli di tempo fa il musicista. Il jazz che si mescola ai suoni digitali, ottenendo un impasto che potrebbe piacere sia ai fan della colonna sonora di Blade Runner, sia a chi ama l’improvvisazione più elegante. Una delle menti più fresche e innovative dell’elettronica mondiale.
Fabri Fibra – Squallor (Universal)
È il suo ottavo disco ed è un disco assurdo. Basi acide, rime malatissime e una bella distesa di siringhe come prima cosa che vedi appena apri la confezione del cd. È un disco alieno, che gronda disagio da tutte le 18 tracce, ma con una qualità sonora di livello internazionale (è stato registrato tra Los Angeles, Parigi e Milano). Per chi crede che Fabri Fibra sia quello delle hit stupide pompate in radio, ecco, questo disco fuga ogni possibile dubbio.
Tame impala – Currents (Interscope Records)
Questo non è certo il momento migliore per il rock: di gruppi che sono riusciti a resistere alla deriva rap/elettronica a cui abbiamo assistito negli ultimi anni ce ne sono davvero pochi, uno di questi risponde al nome di Tame Impala. Sono stati capaci di mettere insieme le chitarre acide e la psichedelia, così come la intendevano i Beach Boys, e fargli fare un passo avanti. Il loro leader Kevin Parker ci regala un album dalle tinte pop. Avremo sempre bisogno di canzoni così.
Drake – If You’re Reading This It’s Too Late (Universal Music)
La hit dell’anno l’ha messa a segno con Hotline Bling – che è stata pubblicata dopo come singolo e non è presente in questo album – ma If You’re Reading This It’s Too Late è altrettanto importante. Drake è uscito dalla nicchia del rap che molti erroneamente definivano “intellettuale” ed è arrivato al grande pubblico. Insieme a Weeknd, è la conferma di come le classifiche USA si muovano in fretta e in più campi possibili. Insomma: il pop mainstream sta vivendo un momento davvero stimolante, godiamocelo.
Aucan – Stelle fisse (Kowloon Records)
In Italia abbiamo una lunga schiera di produttori validi e interessanti ma in pochi riescono veramente a reggere il confronto con l’estero, tra questi ci sono gli Aucan. Hanno alle spalle un lungo percorso che ha modificato il loro DNA più volte, rafforzandogli la spina dorsale. Ormai si muovono sicuri tanto nei live quanto nei dj set, e questo album conferma come in primis sappiano lavorare sul suono, a prescindere dalle tendenze che la musica elettronica stia affrontando momento dopo momento, moda dopo moda. Non perdeteveli dal vivo al nostro Better Days Festival.