Come riesce a beccare chi ha usato ChatGPT tra i suoi alunni? Questo prof ha svelato il suo trucchetto: ti lascerà di stucco.
L’intelligenza artificiale (IA) ha ormai conquistato un posto di rilievo nel sistema educativo, influenzando profondamente le abitudini di studio e apprendimento degli studenti. Secondo la ricerca “Dopo il diploma” del 2025, condotta da Skuola.net in collaborazione con Elis su un campione di 2.500 studenti delle scuole superiori, il 51% degli intervistati utilizza frequentemente strumenti di IA generativa come ChatGPT.
Questo rappresenta un notevole aumento rispetto al 34% dell’anno precedente, mentre il numero di studenti che non hanno mai utilizzato tali strumenti è sceso drasticamente dal 25% al 16%. Questi dati pongono interrogativi significativi sul futuro dell’istruzione e sull’integrità accademica.
Il prof che svela il trucco per capire chi ha usato ChatGPT
Nonostante l’ampia adozione dell’IA da parte degli studenti, le istituzioni scolastiche sembrano faticare a tenere il passo con questa rivoluzione digitale. Solo il 18% degli intervistati ha ricevuto indicazioni chiare sul corretto utilizzo dell’IA in ambito scolastico. Francesco Amato, docente di “Scienze e tecnologie informatiche” presso l’ITIS “Galileo Galilei” di Roma, ha dichiarato che l’uso passivo delle tecnologie da parte degli studenti potrebbe essere mitigato con una guida adeguata da parte dei docenti.
Amato fa riferimento a un progetto della Harvard University che ha introdotto un assistente virtuale per aiutare gli studenti a studiare senza però fornire risposte complete. Questo metodo permette di stimolare l’autonomia degli studenti, favorendo un approccio attivo all’apprendimento. La sua esperienza dimostra come sia possibile riconoscere quando uno studente si affida a un sistema di IA: la familiarità con lo stile espressivo di ciascun alunno e i metodi di problem-solving appresi in aula sono indicatori chiave.
Per contrastare l’uso indiscriminato di strumenti di IA nelle verifiche, alcuni docenti stanno implementando strategie ingegnose. Amato suggerisce di aumentare l’utilizzo delle verifiche orali, dove gli studenti sono invitati a spiegare e discutere gli argomenti studiati. Un collega che insegna francese ha ideato una strategia ancora più astuta: ha inserito deliberatamente informazioni errate nei testi delle verifiche. Ad esempio, dichiarando che Lille è la città più a sud della Francia anziché Marsiglia. In questo modo, uno studente che utilizza un chatbot come ChatGPT per cercare risposte avrà una risposta corretta dal punto di vista geografico, ma che non corrisponde al contenuto del test, rivelando immediatamente chi ha cercato aiuti esterni.
Tuttavia, Amato sottolinea anche come l’IA possa essere uno strumento utile se utilizzata in modo costruttivo. Può ad esempio aiutare a generare esercizi aggiuntivi o a porre domande specifiche, contribuendo a una preparazione più mirata e approfondita. L’adozione dell’IA nelle scuole solleva questioni non solo pratiche ma anche etiche. Se da un lato gli strumenti di IA possono costituire un valido supporto per l’apprendimento, dall’altro rischiano di alimentare il plagio e la dipendenza da risorse esterne, minando l’autonomia e il pensiero critico degli studenti. Il passaggio da una mera memorizzazione di contenuti a una valutazione critica delle informazioni diventa cruciale in questo contesto.

La questione etica si complica ulteriormente quando si considera la trasparenza nell’utilizzo dell’IA. La linea tra uso lecito e illecito è spesso sottile e mal definita, specialmente in assenza di normative scolastiche aggiornate e condivise. Inoltre, la raccolta di dati personali da parte di molte piattaforme di IA rappresenta un ulteriore punto critico, con la necessità di garantire che queste informazioni vengano gestite in modo sicuro e responsabile. Il cambiamento portato dall’IA nel panorama educativo non si limita all’uso di strumenti tecnologici, ma si estende anche alle competenze richieste agli studenti.
Non è più sufficiente memorizzare informazioni; è necessario sviluppare la capacità di valutare criticamente le risposte fornite dall’IA e discernere tra fonti affidabili e fake news. Gli studenti devono affrontare la sfida di costruire un nuovo tipo di intelligenza, caratterizzata da spirito critico, capacità analitiche e creatività. In questo contesto, il ruolo degli insegnanti diventa fondamentale. Non si tratta solo di trasmettere conoscenze, ma di guidare gli studenti nella navigazione di un mare di informazioni, stimolando domande e risposte personali. L’educazione deve quindi evolversi per preparare i giovani a diventare cittadini digitali responsabili e critici.
Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha avviato iniziative concrete per affrontare questa transizione. Dallo scorso settembre, è stato lanciato un progetto che mira a ridurre il divario di apprendimento tra gli studenti, introducendo un assistente virtuale basato sull’IA integrato in Google Workspace. L’obiettivo è fornire supporto personalizzato, identificando le specifiche difficoltà di apprendimento di ciascun studente e permettendo agli insegnanti di intervenire in modo mirato.
Questa iniziativa, che coinvolge diverse regioni e classi, è pensata per garantire pari opportunità di apprendimento e contrastare la dispersione scolastica. La sperimentazione avrà una durata di due anni e, al termine, l’Invalsi valuterà i risultati, confrontando i progressi degli studenti delle classi “digitali” con quelli delle classi “tradizionali”. Se i risultati saranno positivi, il Ministero prevede di estendere l’uso dell’IA a tutte le scuole a partire dal 2026, segnando un cambiamento significativo nel panorama educativo nazionale.
La crescente presenza dell’IA nelle scuole non rappresenta solo un cambiamento tecnologico, ma un’opportunità per ripensare l’istruzione in un mondo in continua evoluzione. Con l’approccio giusto, le scuole possono preparare gli studenti a navigare con successo le sfide del futuro, trasformando l’intelligenza artificiale da potenziale minaccia a prezioso alleato nell’apprendimento e nella crescita personale.