TV e Cinema
di Mattia Nesto 14 Marzo 2022

The Batman: Das Cabinet des Fledermaus

La nuova trasposizione cinematografica The Batman è una grande film. Ma non un gran cinecomic.

Un gioco di inquadrature  Un gioco di inquadrature

Dopo tre ore di The Batman l’unica vera e concreta sensazione che ho provato, oltre all’emozione di avere davanti qualcosa di grande e importante, è stato che ne volevo ancora. Ecco, vi basti questa frase per fugare ogni possibile dubbio: al netto di, su carta, una durata considerevole il film di Matt Reeves è un gioiello della cinematografia contemporanea che riesce ad essere fedelissimo alla dimensione fumettistica del suo protagonista domando però uno specifico filmico del tutto sui generis. Insomma, meraviglioso!

Si è molto parlato di come questo The Batman si possa considerare una sorta di “noir in salsa supereroistica”. Beh, debbo dire che, nonostante vi siano elementi evidentissimi riconducibili a questo specifico genere, come ad esempio le indagini sulle morti violenti operate da un individuo misterioso “partorito” da una società corrotta, non mi trovo molto d’accordo con questa definizione. Grazie infatti alla già citata regia di Reeves, al noir si concede molto poco per abbracciare una dimensione quasi espressionistica e simil-horror che mi ha fatto venire in mente il famoso Das Cabinet des Dr. Caligari. Già perché un po’ come nel film del 1920 di Robert Wiene anche in The Batman c’è un “mostro”, l’Enigminista/The Riddler interpretato da uno stratosferico  Paul Dano che tiene in scacco l’intera Gotham City sfruttando, come principale arma, proprio la comunicazione mass-mediale, i social insomma, per mettere alla luce la corruzione, totale e tombale, della società.

Anche un cappuccino può fare paura  Anche un cappuccino può fare paura

Grazie infatti a una regia particolarmente attenta a dare “dignità” a particolari e oggetti apparentemente insignificanti come una particolare zona del pavimento oppure un semplice cappuccino. Ecco, in tal senso, The Batman si ritaglia un ruolo assolutamente personale e proprio nella cinematografia del supereroe DC: infatti se Nolan, con la sua trilogia, aveva svolto l’epica di Batman e le trasposizioni precedenti si erano dedicate alla dimensione più fumettoso, cartoonesco e “modaiola” questa versione è invece una specie di escavazione dell’animo e della psiche di Bruce Wayne in coordinazione con il Pipistrello. Non è un caso che una delle frasi centrali del film sia, senza volervi anticipare troppo, Tu sei veramente te stesso solo quando indossi questa maschera“. Una sorta di completo rovesciamento della narrativa classica diciamo. Proprio questo aspetto, tanto indagato nel mondo del fumetto, era sempre stato un po’ assente dalle declinazioni filmiche dell’eroe.

Grandi interpreti per grandi scene  Grandi interpreti per grandi scene

Proprio il tema della Vendetta e dell’eredità sia di Batman sia della famiglia Wayne, insomma il loro lascito, sarà centrale nel film che non annoia mai perché, oltre a questi risvolti psicologici, offre allo spettatore anche un buon numero di scene d’azione. In questo caso, sicuramente, siamo molto al di là di sotto dei livelli di assoluta perfezione di Nolan se non per la “già famosa” scena dell’inseguimento in auto del Pinguino. Ecco, in questo caso si raggiungono veramente i picchi noliani con alcune tra le scene più belle dell’intero film. Oltre a non essere facile non era neppure così scontato. Purtroppo, parlando del tema action, duole constatare come in altre occasioni questa sia proprio la parte più carente, con scelte illogiche e al limite della “sospensione dell’incredulità” visto che si passa, senza soluzione di continuità, da momenti in cui Batman prende botte perfino da teppisti di strada, subendone le conseguenze e poi quando ha a che fare con armi da fuoco o esplosivi non si fa un graffio. Questa pochezza nella coerenza neppure nei primi fumetti era presente. Un peccato. Insomma più film che cinecomic se proprio dobbiamo dirlo: non che sia un difetto tout court ma visto il personaggio non può essere derubricato con una semplice alzata di spalle (o di mantello).

Aggiungiamoci poi una palette cromatica azzeccatissima (con le ombre della notte che diventano il nero del costume e degli occhi di Bruce Wayne e il contrappunto realizzato dal rosso del sangue e dal giallo delle luci) e avrete una grande opera corale. John Turturro, che interpreta il boss Falcone e Colin Farrell nei panni del Pinguino sono veramente incredibili e anche Robert Pattinson, come protagonista e Zoe Kravitz/Selina Kyle sono perfetti nei loro ruoli. Batman letto con la lente d’ingrandimento dell’espressionismo tedesco mi piace un sacco. E mi piace ancora di più se il regista non ha paura di sperimentare ma anzi si diverte un mondo a farlo.

Ad aggiungere fascino su fascino ci hanno poi pensato le musiche di Michael Giacchino che ha realizzato una colonna sonora semplicemente da urlo. Non soltanto per l’inserimento, perfetto, di Something in the Way dei Nirvana ma anche i pezzi originali, compresa la main theme, mi sono sembrati la giusta apoteosi sonora per il vendicatore mascherato. A proposito: il tema della vendetta, sul modo e sul “giusto modo” attraverso cui inseguirla è alla base dell’intera opera. Nonostante alcuni punti di debolezza (scagnozzi veramente troppo “scagnozzi” per dirne uno ed anche qualche motivazione un po’ debole che muove l’azione di alcuni personaggi) The Batman è un incubo in rosso e in nero del tempo presente: non si poteva chiedere niente di meglio dopo la triste parentesi di Snyder.

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