Ambiente
di Marco Beltramelli 25 Marzo 2021

7 ANIMALI TORNATI A RIPOPOLARE L’ITALIA DURANTE LA PANDEMIA

Speriamo il ritorno alla normalità non sancisca la fuga di tutti questi animaletti.

L’inselvatichimento della città è ormai un fenomeno assodato. Cinghiali, volpi e stambecchi sono tornati ad avvicinarsi ai centri urbani attratti dalla quiete che, dallo scorso marzo, regna per le strade. Uccelli migratori stanziano nei parchi delle metropoli dove i livelli d’inquinamento non sono mai stati così bassi. Nell’ultimo anno e mezzo gli avvistamenti di animali che si credevano estinti sono moltiplicati. Nella maggior parte dei casi questo ripopolamento non è dovuto agli effetti diretti della pandemia, quel che certo che questa ritrovata tranquillità ha spinto diversi esemplari a muoversi con più confidenza in zone dove era più probabile un incontro. Ecco quindi una piccola lista delle specie che ultimamente sono tornate a ripopolare spiagge e montagne delle regioni italiane.

Uno sciacallo dorato – Ph Sarangib via Pixabay pixabay.com Uno sciacallo dorato – Ph Sarangib via Pixabay

 Orso e Sciacallo in Piemonte:

Iniziamo dallo sciacallo dorato, suo malgrado, vittima dell’avvistamento più recente, proprio la scorsa settimana, trovato investito in un tratto della Pedemontana torinese. Arrivato autonomamente attraversando l’intero continente negli anni 80, questo canide originario della Russia è considerato una specie autoctona anche in Italia. Nello Stivale si stima una popolazione di circa 200 individui.  Sempre in Piemonte, questa volta un po’ più a nord, le fototrappole hanno accertato la presenza dopo oltre un secolo di un orso bruno probabilmente proveniente dalla Svizzera. M26 sembra essersi adeguato perfettamente alla sua nuova residenza italiana, in Val D’Ossola sul Lago Maggiore, dove negli ultimi mesi si sono moltiplicati gli avvistamenti, seminando il terrore fra ricercatori di funghi e apicoltori.

Foca monaca in Salento:

Ritenuta estinta nel Mediterraneo già a inizio 900 anche, e soprattutto, a causa della caccia mirata per sfruttarne pelli e grasso, la foca monaca, nell’ultimo ventennio, sembra stia tornando a popolare le coste dell’Adriatico e dello Ionio, dalla Grecia all’Albania. L’ultimo avvistamento italiano è veramente recente, risale al 6 gennaio di quest’anno, un biologo locale ha ripreso un cucciolo di foca nell’area marina protetta di Porto Cesareo: in Salento è la prima volta da cinquanta anni a questa parte.

Gatto Selvatico e Lontra in Liguria:

Proprio come quello umano, anche il transito faunistico è particolarmente fervido sul fronte dogane, e l’Appennino Mediterraneo è una vera e propria autostrada animale tra l’Italia e la Francia. A discapito di quel che si può immaginare, abituati come siamo alle sue coste per turisti, l’entroterra ligure è una terra aspra e selvaggia che ben si presta al ripopolamento di molte specie rare. In una regione abituata alla presenza di lupi e cinghiali, a destar sospetto sono animali ben più piccoli. Il gatto selvatico, reintrodotto in Francia ed ora tornato ad abitare le foreste del versante ponentino, e le lontre, mustelidi ritenuti in via d’estinzione dal 1970 (è una delle specie che ha sofferto maggiormente lo sfruttamento per le pellicce): in provincia d’Imperia è stata avvistata una famiglia allargata di una ventina di esemplari.

Lince in Trentino:

B132 è emigrata dal cantone di San Gallo, in Svizzera, dove è presente una colonia di un centinaio di esemplarari. Una piccola tigre di 25 kg, 15 anni di cui almeno 13 passati nella Val di Ledro. Di cosa stiamo parlando? Di qual che si dice essere l’unica lince del Trentino. Più che un avvistamento, quello dello scorso 15 marzo, è un vero e proprio incontro con un Pokemon raro. La lince è una specie molto schiva in natura, attratta dalla tranquillità causata dalla pandemia, l’affascinante felino attraversa valocemente una strada provinciale tra lo sgomento dell’autista e dei pochi passeggeri presenti sull’autobus che, con le sue telecamere di sicurezza, ha fortunatamente ripreso l’evento.

Castoro in Friuli:

Avvistato per la prima a volta a Tarvisio, in provincia di Udine, nel 2018, la conferma di quel che pareva un miraggio è avvenuta alla fine di questo sfortunato 2020. In Val Pusteria è tornato il castoro, ma gli esperti sostengono che la loro esistenza sia un’altra volta minacciata dalla cementificazione sempre crescente di fiumi e canali. Stringiamo le dita perché non parliamo di un avvenimento di poco conto: l’ultima testimonianza del Castor fiber in Italia risale al 1541, quasi 500 anni fa. Sarà per questo che su YouTube non esistono documentari decenti che spieghino adeguatamente come si costruisco le dighe.

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