Sono passati vent’anni dal mantra di Tyler Durden «Non abbiamo né la grande guerra né la grande depressione», vent’anni dalla pubblicazione di Fight Club di Chuck Palahniuk, diventato tre anni dopo il film culto di David Fincher, con Edward Norton e Brad Pitt. Nonostante tutti questi anni, il poster del film ancora oggi è appeso nelle camere di migliaia di ragazzini, che credono di essere affetti da disturbo dissociativo dell’identità e sognano combattimenti clandestini che possano portare alla costruzione di un piccolo esercito volto a sovvertire il sistema.
Ma cos’è cambiato realmente dal 1996 al 2016? Com’è oggi la percezione dei temi portanti del libro, nei mesi in cui sta uscendo la serie a fumetti Fight Club 2, sempre scritta da Palahniuk?
Pillole per l’insonnia
Il dottore di Jack non voleva prescrivere al suo paziente nessun medicinale che gli permettesse di combattere la sua insonnia cronica, non considerata una vera malattia o meglio presa come una scusa come un’altra per farsi prescrivere degli antidepressivi. La posizione del medico è chiara da questo dialogo di inizio film:
Jack: – Ehi andiamo, sto soffrendo..-
Dottore: – Vuole vedere la sofferenza? Vada alla chiesa metodista il martedì sera. Veda quelli con il cancro ai testicoli, quella è sofferenza.
Ma cosa pensano ora i dottori di questa malattia e di questo tipo di farmaci? «Non amiamo somministrare farmaci per l’insonnia per troppo tempo – dichiara lo psichiatra Roy H. Lubit – ma alcuni farmaci vanno bene per provare a risolvere i problemi nel breve periodo, anche se poi dipende da dottore a dottore. In ogni caso per una prescrizione di corta durata non ci sono problemi, ma molti preferiscono non far prendere questo tipo di medicinali per un lungo lasso di tempo»
Ad ogni modo, il numero di medicinali contro l’insonnia negli Stati Uniti dal ‘99 al 2012 è più che decuplicato, passando dai cinque milioni circa di fine millennio ai quasi sessanta milioni registrati quattro anni fa. Questa malattia rappresenta un grosso problema negli USA, dove secondo uno studio vengono persi ogni anno 62 miliardi di dollari a causa di performance scadenti dovute alle difficoltà dei lavoratori ad addormentarsi. Anche in Italia, si stima che soffra di problemi del sonno un italiano su tre.
Terrorismo
In Fight Club Jack viene trattenuto all’aeroporto dopo che un vibratore viene trovato acceso nel suo bagaglio. Ora la maggior parte dei vibratori sono dotati di una sicura per i viaggi e quindi è difficile che si accendano per caso, ma diciamo che un dildo è l’ultimo dei problemi quando parliamo di sicurezza aeroportuale. In compenso le procedure di controllo sono diventate molto più rigide dopo l’11 settembre. Secondo gli 007 le probabilità che un ordigno o un pacco sospetto passi i rigidissimi controlli di sicurezza rasentano lo zero, ma stando a uno studio australiano, le procedure di sicurezza al check-in costano centinaia di milioni di dollari ogni anno. Per dare un’idea più concreta, negli Stati Uniti, la task force anti-terrorismo dell’FBI ha quadruplicato le sue unità rispetto alla fine del ventesimo secolo.
Ufficio
Jack simula un’aggressione all’interno dell’ufficio del suo capo, approfittando della porta chiusa. Nella scena le tende sono tirate e non ci sono telecamere di sicurezza. Oggi gli uffici sono prevalentemente spazi aperti: si è passati da una struttura gerarchica e chiusa a una più “comune”, i conclamati open space. Gli uffici moderni tendono a non avere tende, rendendo l’ambiente più trasparente e difficilmente lo scontro passerebbe inosservato agli occhi di telecamere e sicurezza. Inoltre probabilmente l’ufficio del Jack della situazione apparterrebbe ad un altro dipendente che non viaggia così spesso, il protagonista di infatti Fight Club sarebbe un cosiddetto smart worker. Nel 2015 le interazioni di Edward Norton con il suo boss sarebbero per lo più via Skype o email e in ogni caso se tornasse in sede lo incontrerebbe in una stanza per i dipendenti qualsiasi.
Sapone artigianale
Tyler si presenta a Jack come dirigente della Paper Street Soap, società che fabbrica sapone utilizzando grasso di scarto delle liposuzioni e che in seguito vende il prodotto finito ai reparti di cosmetica. Se Tyler provasse a intraprendere questo business ora, ce la farebbe? La risposta ce la dà Daniel Grunes, proprietario di Taproot Organics, che produce sapone 100% vegano: «L’esplosione di internet ha cambiato le regole del gioco. Reperire ingredienti è molto più facile, basta fare qualche ricerca online e il gioco è fatto: una volta richiedeva molto più tempo. Bisognava scavare a fondo, andare a fiere e manifestazioni, effettuare molti meeting con fornitori di materie prime e sfogliare innumerevoli cataloghi. E sto parlando di dieci anni fa, figuriamoci venti quando accendere un pc e leggere “Buongiorno, hai una nuova e-mail”, era un’assurda novità. Forse la compagnia di Tyler non avrebbe così successo: dovrebbe affrontare decine di persone che fanno la stessa cosa. Dieci anni fa avere un concetto interessante era una cosa interessante in sé… ora ci sono milioni di persone che fanno milioni di cose».
Combattimenti Clandestini
Uno degli aspetti più discussi e affascinanti di Fight Club erano sicuramente i combattimenti clandestini. Tralasciando il motivo reale per cui venivano messi in scena, la creazione di un piccolo esercito che avrebbe dovuto fare una rivoluzione, la maggior parte dei giovani spettatori ne rimaneva colpito per il messaggio di fondo: Combatti per sapere chi sei o Quanto sai di te stesso se non ti sei mai battuto?. Nonostante oggi le arti marziali siano discipline che vivono in superficie e sono entrate appieno nell’immaginario colletivo c’è ancora chi combatte illegalmente per qualche euro in più o per l’assenza di regole. Racconta il giornalista Paolo Berizzi: «Ci sono dilettanti e amatori che campano con le “riunioni private”. Mettono in tasca, in media, “borse” da 200 a 2mila euro a incontro. Che raddoppiano in caso di vittoria. A sfidarsi sono soprattutto immigrati in cerca di denaro: albanesi, rumeni, nordafricani, sudamericani, ucraini. Ma non solo. “Ho iniziato quattro anni fa – racconta Alexandru, 30 anni, moldavo, facchino in un mercato ortofrutticolo lombardo – . Un amico mi ha portato a fare un incontro a Roncadelle. Prendo 250-300 euro ogni volta che salgo sul ring”. Un mese fa Alexandru è svenuto per uno strangolamento».
Disturbo Bipolare
Ed eccoci ad uno dei punti chiave di Fight Club, quello che non è cambiato poi di molto negli ultimi vent’anni. Il disturbo bipolare è rimasto uno degli argomenti più caldi e controversi tra gli psicologi. Ci sono due punti di vista: un gruppo sostiene che il Disturbo Dissociativo dell’Identità (DDI) sia dovuto ad un trauma infantile, mentre altri pensano che sia dovuto all’influenza dei media (The United States of Tara, Fight Club appunto) o dei terapisti stessi. Può sembrare strano, ma in realtà il professor Steven Jay Lynn dell’università di Binghamton spiega che «non c’è da meravigliarsi se alcuni pazienti particolarmente vulnerabili arrivino a pensare che i loro multipli e sconcertanti cambiamenti di umore e i problemi che affrontano nella vita quotidiana possono essere attribuiti alla presenza di un Io dissociato o frammentato. […] Sebbene i ricercatori abbiano trovato alcuni gradi di associazione tra esperienze traumatiche e dissociazione, la forza dell’associazione è spesso non particolarmente significativa, e il collegamento tra il trauma documentato e la dissociazione è spesso debole o non sempre documentabile negli studi che seguono i pazienti nel tempo».
E mentre il dibattito continua, una percentuale che si aggira tra l’1 e il 3% della popolazione dice di soffrire di DDI, affermando di affrontare fino a dieci diverse personalità. Insomma, da questo punto di vista siamo più dissociati che mai.