Ma come mai tutto questo mito dietro all’albo in questione? Beh le motivazioni sono presto dette: Incubi di provincia è un vero e proprio manifesto del fumetto underground italiano, realizzato da Bonvi uno dei nomi più importanti e riconoscibili di questo movimento nato negli anni Settanta e esploso negli Ottanta. Se infatti Bonvi è noto, notissimo al grande pubblico per essere il babbo delle strisce Sturmtruppen, forse “il fumetto” italiano per eccellenza degli anni Settanta (che ebbe un successo talmente clamoroso e assordante da finire, addirittura, in televisione nel contenitore Supergulp!), è anche l’ideatore di storie, anzi anti-storie iper corrosive e (proto) punk con protagonisti outsiders, disillusi della società e figure abbastanza inquietanti. Come scrive, benissimo, Guccini nella prefazione, quel particolare aggettivo, “provinciali” va intenso al tempo stesso in senso ristretto e allargato.
Nelle vignette e nelle storie di Bonvi è sì presente l’eterna provincia italiana, segnatamente quella emiliana, in cui apparentemente non succede mai nulla e dove “il farmacista passa le giornate al bar a giocare a carte col maresciallo”, ma c’è anche spazio, amplissimo spazio per la provincia allucinata e spaventosa, quella che, una volta che la piazza e vuota e l’osteria chiusa, si nasconde dietro le imposte, sempre sbarrate, delle case. Proprio qui si annidano gli incubi che Bonvi va a stanare e che sono concretizzati negli sguardi dei suoi protagonisti. Sguardi che ora sono vacui e spenti come i tanti che in quel periodo assumevano sostanze psicotrope ma anche infiammati e allucinati come sorte di trasposizioni novecentesche dei Demoni di Dostoevskij.
Questa doppia lettura domina le superbe strisce di Bonvi, così ricche di particolari e di animo. Si riconosce, benissimo, il segno del creatore delle Sturmtruppen praticamente in ogni scena ma c’è pure un senso di libertà maggiore, come se davvero si mettesse le mani sopra una sorta di tesoro del fumetto underground italiano. in storie come L’ora dello schizoide, per esempio, davvero si assiste a una messa in scena che, da sola, vale più di tanti libri di sociologia o di storia del costume oggi pubblicati. Bonvi è caustico e corrosivo, non risparmia niente al lettore che si trova nel ben mezzo delle parti più scoperte, come nervi, e palpitanti della società italiana anni Settanta. Una lezione, se si vuole, anche di antropologia formidabile.
Ancora una volta torniamo alla prefazione di Guccini (che si vede come sia stata scritta mossa da una concreta e bruciante voglia e non per motivi vari e eventuali) Bonvi è stato in grado di avere quello sguardo lì perché “Il suo orizzonte Bonvi se l’è disegnato da sé, tracciando una linea sul foglio. E lungo quella linea si trova l’eredità di questo maestro del fumetto italiano: la capacità di ironizzare su quello che ci è più vicino”.
Quindi questo, bellissimo, volume pubblicato da Rizzoli Lizard ci sentiamo di consigliarvi a tutti, agli aficionados di vecchia data, che non smesso di leggere e rileggere le storie di Bonvi anche dopo l’anno della sua scomparsa, il 1995 e anche ai nuovi lettori che si troveranno di fronte a fumetti ricchi di spunti super interessanti e che sanno andare dalla fantascienza sci-fi degli anni Cinquanta sino alla contestazione politica, passando per gli Anni di Piombo e e l’eterna provincia italiana. Cosa state aspettando, non vi è venuta la voglia di leggerlo?
Incubi di provincia – Bonvi
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