“Studi universitari fatti male, trasalimenti sessuali confusi, droghine fatte in casa… Fanciulline scatenate o svampite, ragazzini pensierosi e giovani scemini che incontrano il primo amore insieme al primo dolore…”, così Alberto Arbasino scriveva in Piccole Vacanze e l’autore di Voghera pare quasi avesse realizzato, con cinquant’anni esatti di anticipo, un perfetto mega-mini riassunto di Skins, la serie culto la cui prima puntata è andata in onda il 25 gennaio 2007 sul canale E4 in Inghilterra. In Italia è arrivata l’anno successivo, il 20 gennaio del 2008 e oggi può essere vista interamente su Netflix.
Ma di cosa parla Skins? Parla (almeno per quanto riguarda la prima delle sette stagioni) di un gruppo di adolescenti di Bristol, città da sempre cardine nella cultura alternativa inglese, seguendoli passo passo nel loro percorso di crescita. Gli ideatori, Jamie Brittain e Bryan Elsley, tra l’altro padre e figlio, hanno dato alla serie uno sguardo molto disincantato, riuscendo nel difficile esercizio di bilanciare temi talvolta anche molto pesanti e difficili da trattare, dalla droga all’anoressia, dal bullismo al contrastato rapporto con la religione, dagli ovvi scontri genitori-figli sino alla maternità/paternità, malattia mentale e anche morte, con un tocco lieve ma non banale (soprattutto nelle prime due stagioni), coniugando quindi l’impegno del tema con la leggerezza del racconto.
Chi ha avuto tra i quindici e trent’anni nella prima decade del nuovo millennio, senza dubbio deve avere incontrato, almeno una volta, Skins, che in Italia andava in onda su Mtv in seconda serata. Alcuni dei personaggi sono diventati ben presto molto iconici, proprio perché se, parallelamente alle vicende degli adolescenti inglesi, si assistevano alle cose prodotte in casa nostra, la distanza era palpabile: laddove in Italia tutto era un po’ zuccheroso, molto melodrammatico e sempre e comunque da operetta, in Inghilterra il racconto era duro, senza troppi fronzoli e con un livello di realtà altissimo.
A proposito di personaggi iconici, Tony Stonem, interpretato da Nicholas Hoult (che poi sarà Hank McCoy/Bestia nel nuovo franchise degli X-Men) ha incarnato perfettamente il ragazzo attraente e popolare, quello che andava di moda in quegli anni: pantaloni skinny dai colori sgargianti, magari verdi più spesso rossi, cardigan d’ordinanza, il più delle volte a righe o quadretti, occhi azzurri e glaciali e il classico ciuffo emo che faceva sospirare più di un’adolescente.
Anche le protagoniste femminili di Skins sono state prese grandemente a modello. Non si può non citare Effy, sorella minore di Tony, che avrà un ruolo sempre maggiore a partire dalla terza stagione. Effy (l’attrice Kaya Scodelario) è una ragazza di una bellezza rara, animata da uno spirito ribelle e apparentemente duro, che però rivela una grande fragilità interna emotiva. Effy con i suoi grandi occhi grigioverdi è un vero e proprio sogno erotico degli anni 00.
Ma oltre alla più o meno classica “bad girl”, in Skins c’era spazio anche per protagoniste più lievi e delicate, come Cassandra “Cassie” Ainsworth. Cassie, senza dubbio, una delle figure più amate della serie, per la sua aria trasognata e sempre in bilico tra l’allegria senza fine di una bambina e il baratro della disperazione di una persona senza speranza e tormentata dall’anoressia. Interpretata ottimamente da Hannah Murray (che forse alcuni di voi hanno anche visto in Games of Thrones nel ruolo di Gilly), Cassie è diventata protagonista di decine di centinaia di tumblr e gif, che riportavano le espressioni più buffe e iconiche di questo personaggio.
La musica poi ha sempre rivestito una grande importanza. Non soltanto dal punto di vista delle scene, come commento alle varie vicende dei protagonisti, ma anche dal punto di vista filosofico-storico, per così dire: Chemical Brothers, The Fall, Mogwai, Gossip, Bloc Party e Dj Shadow, questi solo alcuni dei nomi delle band che sono apparse in questa serie. Una specie di vangelo laico e ragionato di quanto di figo, giusto ed alla moda c’era da ascoltare in quel tempo.
Rispetto ad altre serie teen-oriented, come la mitica Dawson’s Creek, per dire – Skins ha avuto il merito di saper diventare grande senza invecchiare. Il motivo è il continuo riciclo del cast, azzerato in modo sistematico ogni due anni. Nel corso delle sue sette stagioni, abbiamo seguito le vicende di tre generazioni di ragazzi e ragazze, evitando di esasperare poche storie trascinandole nel corso degli anni.
Bonus track: menzione d’onore per Anwar Kharral, il ragazzo di origine pakistana che ha un tormentato rapporto con la propria religione. L’attore che ha interpretato questo personaggio è infatti il londinese Dev Patel, sì proprio lui, il protagonista del pluripremiato film The Millionaire. Come a dire che anche se da giovani non si era propriamente la ragazza o il ragazzo più popolare della scuola non succede niente: magari arriva Danny Boyle e ti fa diventare iper-famoso.
C’è speranza per tutti!