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Greenpeace ha rovinato un patrimonio dell’umanità?

by Marco Villa
17/10/2018
in Society
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Greenpeace ha rovinato un patrimonio dell’umanità?

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L’accusa è pesante: secondo il governo peruviano, un gruppo di attivisti di Greenpeace avrebbe rovinato un luogo patrimonio dell’umanità per diffondere un proprio slogan.

Il luogo in questione è l’area delle cosiddette Linee di Nazca, un’area in cui circa duemila anni fa sorgevano i luoghi di culto della civiltà Nazca. Per onorare i propri dei, avevano realizzato delle particolari opere (che oggi probabilmente chiameremmo installazioni) chiamate geoglifi, ovvero scavi nel terreno che ricreano la forma stilizzata di vari animali. Nell’area di Nazca ci sono migliaia di linee, che compongono diversi disegni, preservati con grande cura. Nessuno può camminare intorno alle Linee di Nazca e i pochi autorizzati devono usare scarpe speciali per non danneggiare il terreno. In una dichiarazione riportata da The Guardian, il vice-ministro peruviano della cultura ha detto che “il terreno è assolutamente fragile. Sono rocce nere su uno sfondo bianco. Se cammini lì dentro, la tua impronta resterà visibile per centinaia o migliaia di anni. E la linea che hanno distrutto è la più visibile e riconoscibile di tutte”

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Secondo il governo peruviano, infatti, gli attivisti di Greenpeace si sarebbero introdotto in un’area vietata e senza adottare alcun tipo di precauzione per comporre il messaggio “Time for change! The future is renewable. Greenpeace”, ovvero: “È ora di cambiare! Il futuro è rinnovabile. Greenpeace”. Il messaggio, posizionato vicino a uno dei disegni più celebri, era diretto ai partecipanti di un meeting delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico in corso a Lima, la capitale del Perù.

In una foto pubblicata ieri su Facebook, l’associazione Maria Reiche, che si occupa della conservazione delle Linee di Nazca, ha mostrato i danni che avrebbero compiuto gli ambientalisti di Greenpeace durante la loro azione dimostrativa. Si tratta dei segni lasciati all’interno dell’area tratteggiata, dove avevano posizionato gli striscioni con lo slogan.

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Marco Villa

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