TV e Cinema
di Diego Cajelli 16 Dicembre 2015

Star Wars: Il risveglio della forza è la nascita di un nuovo mito

Un film che consegna all’immaginario collettivo personaggi e situazioni che peseranno per i prossimi trent’anni

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Lo dico subito: non ci saranno spoiler in questa recensione. Non capisco il motivo di tutta questa tutela anti spoilerosa, personalmente non la trovo necessaria, ma tant’è. La percezione di massa dell’intrattenimento contemporaneo chiede la difesa dei colpi di scena. Va bene. Lo accetto. Anche se, ragionando da vecchio quarantenne quale sono, giusto per farti un esempio, non credo che spoilerare il finale di Scarface comprometta la visione del film.

Ma io sono un veterano quarantenne, e la fuori ci sono intere legioni di venti/trentenni social-incarogniti che a queste cose ci tengono. Per quale motivo? È un problema legato ai tempi bui in cui viviamo, dove tutto va consumato adesso, ora, nell’istante esatto in cui il contenuto viene generato. Adesso, ora, che tra venticinque minuti non è più importante. Nel caso di Star Wars, la narrazione e ciò che rappresenta, viene macinata addirittura prima che il film reale sia disponibile alla visione. Si sono sprecati fiumi di inchiostro digitale e ore di filmati per analizzare i trailer. Ma porco di un Gungan, può esserci qualcosa di più inutile del discutere e polemizzare su un trailer?

 

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Nel vortice assoluto del: adesso, subito e tra venticinque minuti qualunque cosa è già vecchia, Star Wars: Il risveglio della forza è un film necessario. Anzi: assolutamente dovuto. Le intere legioni di ragazzini social-incarogniti non guarderanno mai Episodio IV, V e VI. Perchè quei film sono vecchi. Perchè non c’è la CGI. Perchè parlano un linguaggio che non conoscono e che nessuno gli ha insegnato. Nel caso estremo, folle e improbabile che un giovine si metta a guardare quegli episodi gli piaceranno poco o nulla, perchè arriva prima la percezione esteriore del vecchiume e poi, forse, i contenuti delle pellicole. Per i giovini disillusi dall’arido cuore post moderno, i film anni ’70 e ’80 sono l’equivalente di un film muto in bianco e nero per la mia generazione. Rassegnati, collega quarantenne, noi siamo canuti e antichi.

La Disney, acquisendo la Lucasfilm ha fatto l’operazione giusta. Episodio VII e quelli che usciranno poi, servono per dare alle nuove generazione un nuovo e vero Star Wars. Il che sottointende: sì, gli Episodi I, II, III sono stati un grande aiuto per la tua naturale regolarità, ma la cosa finisce lì. Non a caso è stato richiamato Lawrence Kasdan per scrivere Episodio VII. Non a caso a George Lucas è impedito di mettere mano alla sceneggiatura, sorvegliato a vista da una divisione di Stormtrooper.

 

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Star Wars: Il risveglio della forza è una versione moderna e sotto steroidi di Una Nuova Speranza, in mashup con L’Impero Colpisce Ancora. Questo significa anche caricarsi della responsabilità di consegnare all’immaginario collettivo personaggi e situazioni che peseranno per i prossimi trent’anni. Un cambio generazionale vero. Darth Vader viene promosso ad archetipo puro, collocato con onore e rispetto nella vetrina dei grandi classici, e il suo ruolo narrativo, attivo, viene affidato a Kylo Ren. Una cosina da niente. Sarebbe complicato anche se si trattasse di un “normale” franchise, di una “normale” serie di film. Con Star Wars il tutto diventa ancora più complicato visto che non si tratta di “normali” film, ma di una vera e propria religione post moderna.

Io, nel culto di Star Wars, mi definisco ateo. Però posso immaginare che qualche integralista della Forza si stia già strizzando le carni con un cilicio laser. Peggio per lui. Che si ritiri in un convento su Hoth a riscrivere il Verbo Originale su pergamena di Wampa. Chissenefrega, il mondo va avanti.

 

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Alla proiezione per la stampa di ieri c’erano alcuni ragazzini, sui 12, 13 anni, accompagnati dai genitori giornalisti. I personaggi e le situazioni di Episodio VII sono stati consegnati nelle mani di quei ragazzini. Episodio VII formerà il loro immaginario e la loro cultura, come Episodio IV lo ha fatto con la mia, e come Episodio III lo ha fatto con nessuno. Mentre uscivamo, dopo la proiezione, ho chiesto alla mamma che accompagnava uno di quei ragazzini se potevo fare un paio di domande a suo figlio. Gli ho chiesto se gli era piaciuto e se aveva previsto alcuni colpi di scena. Il forse dodicenne mi ha detto che gli era piaciuto un casino, e che no, non si aspettava affatto alcuni passaggi della trama. Può esistere qualcosa di più importante di questo? Che un film piaccia al tipo di spettatore per cui è stato pensato? Credo di no. Il resto sono soltanto menate da nerd. E a me, sinceramente, questa nerd-dictatorship su tutti i prodotti di intrattenimento mi ha un po’ lessato i Midichlorian.

 

 

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