Viaggi
di Giulio Pons 15 Agosto 2022

Sul fondo del mare alla ricerca dei reperti della battaglia delle Egadi di 2000 anni fa

Abbiamo passato una giornata con la squadra di sommozzatori della SDSS alla ricerca dei tesori della battaglia navale delle Egadi, svoltasi tra romani e cartaginesi al termine della prima guerra punica. Ecco il racconto

Raggiungo lo Stabilimento Florio alle 8:20, con dieci minuti di anticipo, faccio uno squillo a Mario. Mi risponde rapido “cinque minuti e sono lì“. Non resisto, il sole è già caldo e mi sposto dietro un angolo per aspettare all’ombra mentre controllo a vista la porta d’ingresso. Qualche minuto dopo si apre la porta, esco dal mio riparo e faccio conoscenza con Mario Arena. Alto, sui 50 anni, capelli bianchi, fisico asciutto e atletico. Lo ringrazio per l’accoglienza.

Siamo nell’Ex Stabilimento Florio di Favignana, luogo con una storia enorme, con un passato industriale di pesca e lavorazione del tonno, che attraversa i secoli per diventare un museo, un polo culturale e un ospedale per tartarughe.

L'Ex stabilimento Florio a Favignana   L’Ex stabilimento Florio a Favignana

Ci dirigiamo al molo del Mare Faraggio, la zona dello stabilimento in cui un tempo venivano scaricati i tonni e poco più in là venivano appesi per la coda, dopo averne tagliato la testa per far scolare il sangue. Quell’insieme di corpi appesi, che sembravano tronchi, prendeva il nome di Bosco.

Questi luoghi, come le reti e le persone della tonnara, hanno una terminologia precisa e caratteristica, nomi che contengono storie, piccoli racconti che danno un significato ad ogni cosa.

Mario Arena è il presidente della Società per la Documentazione dei Siti Sommersi (SDSS), un’organizzazione che si occupa di esplorare, documentare e recuperare i reperti archeologici nascosti in fondo al mare. Qui nelle Egadi fanno parte di un grande progetto della Soprintendenza del mare della Sicilia, per lo studio e il recupero dei resti della più grande battaglia navale dell’antichità, avvenuta nel 241 a.C. tra Romani e Cartaginesi.

Incontro il resto della squadra mentre do una mano a caricare sul gommone l’equipaggiamento per l’immersione: bombole, scooter subacquei, metal detector, aspiratori, mute. Mi viene detto che posso fare tutte le foto che voglio, ma devo spegnere il GPS, perché il luogo preciso dell’immersione va preservato, d’altronde là sotto c’è un tesoro.

Il molo dello Stabilimento, caricamento attrezzattura  Il molo dello Stabilimento, caricamento attrezzattura

Oggi c’è poco vento, il mare è quasi liscio e fa un caldo sopra la media. Il motore da 250 avalli ci fa volare, intanto imparo a conoscere il gruppo, ascolto e scambio qualche parola, è un gruppo ben assortito: Mario, Caterina e Nicola sono istruttori di sub, vivono nell’acqua tutto l’anno e passano le vacanze ad immergersi, vengono da Trieste, Lugano e Portofino, in loro la passione per il mare è totale. Mentre corriamo sull’acqua verso il punto preciso, col vento e il sole addosso mi piace perdermi con lo sguardo sull’orizzonte, vedere le isole Egadi, riconoscerne i riferimenti e tornare a scrutare il blu.

Stefano è sistemista informatico e istruttore di sub a Padova mentre Cristiano a Mantova fa protesi per rimettere in piedi le persone. Mark invece è nato in un’isola del South England, ma ora vive a Londra ed è l’archeologo del gruppo, anche se di professione è un avvocato fiscalista.

Inizia l'immersione della squadra SDSS  Inizia l’immersione della squadra SDSS

Arrivati sul punto d’immersione iniziano i preparativi, cerco di posizionarmi a prua per non dare fastidio. In acqua si tuffano in quattro, devono arrivare a 78m di profondità, lì c’è la zona di lavoro: una specie di deserto di sabbia dove ogni tanto compaiono delle rocce. Oggi bisogna scavare nella sabbia con una sorbona sperimentale, l’ha costruita Cristiano modificando uno scooter subacqueo e se funziona consentirà di scavare senza il supporto di una nave d’appoggio, un bel risparmio di costi. Qui sotto si cercano armi, elmi, monete, terrecotte, ma in particolare i rostri, le punte delle navi fatte in bronzo che erano usate per urtare ed affondare le navi nemiche.

Tutto pronto, ora si scende  Tutto pronto, ora si scende

Per scendere in profondità ci vogliono pochi minuti, in superficie c’è corrente e Mario dà indicazioni e avvertimenti perché non si perda di vista la sicurezza. A vederli andare giu mi sembra di partecipare alla loro missione, sono emozionato e attento. Potranno lavorare sul fondo per meno di un’ora, poi dovranno risalire, ma la risalita richiederà diverse ore per via dei tempi di decompressione.

Hai presente il blu? ecco.  Hai presente il blu? ecco.

Sul gommone resto insieme a Mark e Nicola, si parla un po’ in italiano e un po’ in inglese. Mark mi racconta che nel mondo sono stati ritrovati in tutto trenta rostri, ben venticinque di questi vengono da qui. La storia è incredibile: il primo rostro viene dalla sala d’aspetto di un dentista di Trapani. Per caso un sovraintendente della regione Sicilia va a farsi curare un dente, vede il reperto e chiede spiegazioni al dentista, non gli pare possibile che un oggetto del genere sia lì e non in un museo. Si scopre che il rostro è stato donato al dentista da un pescatore, che viene quindi rintracciato. Lui indica dove l’ha pescato e così iniziano le ricerche. Ci vorranno due anni per trovare il punto esatto, ma da allora ogni estate vengono trovati nuovi tesori.

Guardo il mare mentre seguo le parole di Mark che mi racconta che il convoglio delle navi Cartaginesi era composto sia da navi da combattimento sia da navi mercantili che portavano rifornimenti alla Sicilia, dove la guerra coi Romani continuava da anni. Le navi Cartaginesi dovevano passare a nord di Levanzo, Mark indica le manovre con le mani per farmi immaginare, nascoste dietro a Levanzo c’erano le navi dei Romani appostate. Un soldato di vedetta su Levanzo aveva il compito, al momento giusto, di avvisare la flotta Romana che poteva partire per andare incontro al convoglio africano.

Qui si scontrarono centinaia di navi, molte vennero affondate e molte furono catturate. Mentre ascolto le parole dell’archeologo chiudo gli occhi e immagino lo scontro, mi racconta dettagli, i dubbi storici irrisolti, è un piacere ascoltarlo. Poi Mark si siede, guarda l’ora e prende appunti sul suo cellulare.

Ci vuole ancora un po’ prima che la squadra di sommozzatori risalga, ci facciamo un tuffo rinfrescante nel blu più incredibile, dove è facile perdersi. Poi Nicola ci dice di risalire, ci siamo spostati dal punto di risalita e dobbiamo riportare il gommone in posizione, non siamo ancorati e la corrente ci sposta.

Man mano che il tempo passa, guardando l’orologio, possiamo stimare la profondità a cui sono i sub. Da quando sono scesi, diverse ore fa, non abbiamo avuto contatti, sappiamo che tutto va bene dalle bolle che si vedono in superficie e dal fatto che non è arrivato il pallone che segnala un’emergenza. Quando si scorgono le quattro sagome in profondità c’è sollievo, Nicola si prepara per scendere incontro ai compagni e liberarli di un po’ dell’attrezzatura per rendere più comoda la loro risalita.

Abbiamo ancora tempo per mangiare e farci un altro bagno prima di aiutarli a risalire sul gommone.

Risalita  Risalita

Cristiano arriva per primo, è entusiasta della sorbona fai da te, poi arriva Caterina che estrae dalle tasche delle muta una manciata di proiettili di fionda di duemila anni fa! Sono molto felice di vedere qualche tesoro, Mark mi spiega che i proiettili sono fatti di piombo, che è tossico, per questo non ci sono concrezioni sopra. Mi racconta che su alcuni proiettili talvolta si trovano iscritte delle parolacce o degli auguri di morte per i nemici! Arriva Stefano e per ultimo Mario, è sceso per primo e la sua decompressione è per forza un po’ più lunga di quella degli altri. In tasca ha una moneta con sopra l’effige di un cavallo.

L'archeologo e i proiettili del framboliere  L’archeologo e i proiettili del framboliere

I reperti vengono messi in una bottiglia con acqua di mare, perché bisogna stabilizzarli, cioè eliminare gradualmente il sale assorbito. Si passa nell’arco di mesi ad acqua man mano meno salata, fino agli ultimi bagni in acqua dolce. Se non lo si fa si i reperti diventano fragilissimi, se si trovano reperti di legno l’operazione di stabilizzazione può durare anche anni.

Ho preso sicuramente troppo sole oggi, mi sento euforico per aver visto i reperti e mi devo trattenere perché i sub sono visibilmente stanchi, ma sono anche contenti, perché tutto è andato bene e il nuovo sistema di escavazione promette bene.

Mentre rientriamo a Favignana, Mario mi guarda e mi fa un cenno per sapere come va, se sono cotto, dico di sì, ma va bene lo stesso, chiudo gli occhi e penso ai ragazzi della SDSS che tutti i giorni di queste vacanze agostine verranno qui in mezzo al mare a cercare cose antiche sul fondo. Che lavoro! É incredibile che il nostro paese debba affidarsi a squadre di volontari come queste per riempire i musei, ma è bello pensare che ci siano delle persone disposte a farlo e che le cose belle succedono, che la passione muove sempre le forze migliori e l’esperienza in sé diventa un capitale inestimabile per tutti i partecipanti.

Così  mentre ho la testa piena di questi pensieri arriviamo al molo dello Stabilimento, è giunto il momento di scaricare tutta l’attrezzatura, un ultimo sforzo dai, poi saluto tutti e torno a casa.

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