TV e Cinema
di Sandro Giorello 20 Febbraio 2012

Paradiso Amaro: un film sulla morte che parla, finalmente, di morte [recensione]

Lui è una persona razionale, ancorata a dover fare delle scelte (per lui e per i suoi figli), e che ne ha una molto importante (decidere come e a chi vendere migliaia di ettari di terreno, un piccolo patrimonio che ha ereditato) scelta che porterà inevitabili macro-conseguenze sull”economia delle Hawaii. Ha un problema a venire a contatto con i propri sentimenti e per questo si tiene distante dai suoi figli per anni e anni, è un padre che si prende cura di loro ma non è di quelli presenti. E” talmente razionale che quando sua moglie è in coma è lui che deve gestire i momenti di rabbia per ognuno (avete presente: negazione, rabbia, patteggiamento, depressione, accettazione) dà degli stop, dice a tutti come fermare o meno le emozioni davanti a Lei che pian piano, nel letto d”ospedale, sta morendo (Lui, proprio il più inadatto per certe cose, di colpo se ne prende carico). E quando scopre che la moglie l”aveva tradito reagisce sempre razionalmente, cerca l”amante non per spaccagli il culo ma per dargli la possibilità di salutarla un”ultima volta, prima che stacchino le macchine come deciso dal suo testamento biologico. C”è in più questa trovata geniale nella sceneggiatura: scopre che l”amante sarebbe quello che beneficerebbe di più nel caso vendesse quegli ettari al principale offerente [quello che per cui propende tutta la sua famiglia allargata (i cugini, e tutti quelli che guadagnerebbero da questo accordo)].

Ora, non vi dico come andrà quando i due si incontrano, come non vi dico che scelta farà rispetto agli ettari da vendere.

Paradiso Amaro è un film dritto, parla della morte e ti ci tiene a contatto fino alla fine, senza momenti di rilassatezza/serenità (alla “Grande Freddo”, giusto per fare un esempio, quelli dove la morte diventa sempre un pretesto per parlare d”altro), senza anticipare la calma che arriverà dopo, no: sono esperienze distruttive e disastrose e te le fa vivere minuto per minuto. Idem, per la fine di un”amore. E” un lutto anche quello e non esiste nessun palliativo che faccia rimarginare la ferita prima del tempo. E poi altro piccolo colpo di genio: ambientare tutto alle Hawaii. Vedete questa inquadratura?

Qui lui scopre che sta per dare milioni e milioni a quello che si è scopato sua moglie. Vedete il quadro a lato? Lui è circondato da gente sorridente in camicia a fiori. Tutte le scene più pesanti del film sono ritratte in mezzo a uomini con camicie hawaiane e l”abbronzatura da spiaggia. Per dire: il disastro accade dentro, ti si rompe qualcosa e il mondo che hai all”esterno diventa lontanissimo da te. E questo contrasto non è per nulla un gioco d”astuzia, Payne (Alexander Payne, il regista, autore anche di “A proposito di Schmidt” e “Sideways” con cui ha preso anche un oscar per la sceneggiatura non originale) glielo fa dire subito ai titoli di testa, Lui dice: “I miei amici sul continente credono che solo perchè abito alle Hawaii io viva in paradiso, come se fossi in una vacanza permanente, pensano che qui passiamo il tempo a bere mai tai a ballare hula hula e fare surf, ma sono pazzi, credono che siamo immuni alla vita, come posso pensare che le nostre famiglie abbiano meno problemi, che i nostri cancri siano meno mortali, i nostri drammi meno dolorosi, sono quindici anni che non salgo su una tavola da surf”.

E” un film enorme. Con poche inquadrature ti descrive il protagonista e tutto il suo mondo emotivo. Con George Clooney che costrusce una maschera triste e fa trapelare il resto poco a poco, e tanti pesonaggi attorno che lo stimolano e lo compensano. In piccolo quadro equilibrato in ogni sua parte. Un ottimo film.

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