Boris compie 10 anni, 10 motivi per rivedere la più divertente serie tv italiana

Vi ricordate della serie tv sulle fiction fatte un po’ “a cazzo di cane”?

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Boris compie 10 anni e si può guardare tutta su Netflix. Possiamo dunque fare una maratona della fuori serie italiana, quella firmata da Ciarrapico, Torre e Vendruscolo che analizzava causticamente il mondo delle fiction su Rai e Mediaset. Che ci ha fatto conoscere figure professionali come la segretaria di produzione o lo stagista schiavo, che ha sdoganato il termine cagna come aggettivo qualificativo di un’attrice non proprio dotata, che ci ha fatto ridere amaramente del malcostume di certe produzioni fatte un po’ a cazzo di cane.

È andata in onda su Fox prima e su Cielo poi, dal 2007 al 2010 e poi è stata seguita da un film per il cinema. 

Se non ricordate i motivi per i quali l’avete amata così tanto, ve ne diamo 10 a cui non potete dire di no.

 

1) La sigla di Elio e le Storie Tese

Una canzone imparata a memoria, in cui vengono presentati tutti i personaggi della serie e pure Boris, il pesce rosso che René Ferretti si porta sempre dietro come portafortuna per girare l’orribile fiction Gli occhi del cuore. È subito nostalgia.

 

2) Il regista esaurito René Ferretti

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Francesco Pannofino è perfetto nel dar vita al regista esaurito de Gli occhi del cuore. Le sue facce da pazzo, i suoi Dai Dai Dai! e le sue esortazioni a lanciare le battute a cazzo di cane sono entrate nel lessico comune. L’importante per lui è arrivare a fine giornata e fare tutto quello che c’è sul tabellino di marcia, esortato dalla segretaria Itala e dall’assistente Arianna. Durante la serie ci prova pure a mettere un po’ di qualità nel suo lavoro, ma poi la risposta è sempre una e la trovate qui sopra.

 

3) Corinna, la cagna maledetta e Stanis La Rochelle, l’attore molto poco italiano

Ogni volta che Stanis dice qualcosa, diventa epico, perché lui è l’attore borioso e tronfio, bambinone, che non si accorge di stare lavorando in una fiction di merda e che crede davvero di valere qualcosa. La sua controparte, Corinna è una raccomandata di ferro messa lì solo perché si è lavorata bene le alte sfere. Non sa recitare, è antipatica e non ha neppure una grande stima di se stessa. Sono le star di Gli occhi del cuore, la fiction che non esiste, ispirata a anni e anni di fiction orribili. (Gabriel Garko e Manuela Arcuri, anyone?)

 

4) Arianna e Alessandro

Lei è l’aiuto regista, tutta di un pezzo, dedita solo al lavoro. Una su cui si può contare quando le cose sul set vanno male. Lui è il nuovo stagista e spesso la voce narrante della serie. Mal pagato, sottoposto turni estenuanti e mai una soddisfazione. Hanno anche una storia d’amore, che sembra perfetta finché non arriva l’insanabile rottura perché lei vota Berlusconi.

 

5) I personaggi loschi: Sergio e Duccio

Quante volte avete lavorato con questi termini contrattuali, senza che fossero così palesi? Per Sergio, il direttore di produzione dalle mille risorse truffaldine e dal passato losco, sono la routine. In una puntata dice chiaramente che al gabbio, lui non ci vuole più tornare. Duccio invece è il direttore della fotografia, totalmente pieno di cocaina al punto da non poter più lavorare. L’unica sua mansione è quella di smarmellare le luci, di aprire tutto. Si troverà benissimo quando passerà a Mediaset, luogo in cui la cocaina viene servita dalle vallette.

 

6) Corrado Guzzanti, basta la parola

Interpreta due personaggi che fanno venire gli addominali dalle risate. Il primo è Mariano Giusti, un attore psicologicamente instabile, che spaventa tutti con i suoi attacchi d’ira e che dice di aver visto Gesù sulla Roma-L’Aquila. Il secondo è l’agente del primo, Padre Gabrielli, un prete con un figlio segreto, collusissimo con la camorra. Una meraviglia.

 

7) Biascica, Merda e gli straordinari di Libeccio

Biascica è il capo elettricista. Un omaccione che parla solo in romanesco, che adora Totti e che reclama il diritto alla bestemmia sul set. Il suo stagista è Lorenzo, ma lui lo ribattezza subito con un colorito soprannome: Merda. Lo sevizia in ogni modo possibile e quando Lorenzo passa di grado e diventa operatore, Biascica ha una crisi d’identità. Tenta sempre di farsi pagare gli straordinari di un’altra fiction, Libeccio, senza alcun esito.

 

8) I tre sceneggiatori e la locura

Quello della locura è un monologo geniale in cui uno dei tre sceneggiatori fannulloni dice tutto quello che c’è da dire sullo spettacolo e sulla società in Italia. Cito: “Io parlo della locura, Renè, la locura. La pazzia, che cazzo Renè, la cerveza, la tradizione o merda, come la chiami tu, ma con una bella spruzzata di pazzia, il peggior conservatorismo che però si tinge di simpatia, di colore, di paillettes. In una parola, Platinette. Perché Platinette, hai capito, ci assolve da tutti i nostri mali, da tutte le nostre malefatte… Sono cattolico, ma sono giovane e vitale perché mi divertono le minchiate del sabato sera. Vero o no? Ci fa sentire la coscienza a posto Platinette, questa è l’Italia del futuro: un paese di musichette, mentre fuori c’è la morte. Questo che devi fare tu: “Occhi del cuore” sì, ma con le sue pappardelle, con le sue tirate contro la droga, contro l’aborto ma con una strana, colorata, luccicante frociaggine. Smaliziata e allegra come una cazzo di lambada. La locura Renè, è la cazzo di locura. Se l’acchiappi hai vinto.”

 

9) Martellone e il suo tormentone

Poteva non esserci una satira contro i comici in stile Colorado, quelli che vanno avanti una vita con un’unico tormentone volgare da ripetere in ogni situazione, anche quando non è il caso, e giù risate. In Boris c’è Martellone, con la sua frase iconica Bucio de culo, che viene chiamato nella fiction per provare la linea comica. Un disastro.

 

10) Le fantastiche guest star

Paolo Sorrentino, Roberto Herlitzka, Marco Giallini, Giorgio Tirabassi e pure un cameo di Laura Morante, per non farsi mancare nulla. Tutti personaggi fantastici, a parte Sorrentino che interpreta se stesso, nel tentativo di salvare un’attrice dal set infame di Medical Dimension, la fiction che dovrebbe portare qualità alla televisione. Ma come dice Renè Ferretti: La qualità c’ha rotto er cazzo, un’altra televisione non è possibile. Viva la merda!

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