Art
di Gabriele Ferraresi 24 Maggio 2016

Giulia Bersani, la fotografa dell’innocenza perduta

E sarà con noi al MI AMI 2016: noi intanto ci siamo fatti raccontare i suoi ultimi progetti

giulia bersani intervista GiuliaBersani.com

 

Giulia Bersani è una brava fotografa, ha 23 anni e una dote importante: non ha paura. Anche se forse lei se la sente ancora dentro quella paura, ha imparato a farla sparire, a nasconderla, e a quel punto cosa succede? Sparita la paura, emergono le emozioni. Perché oggi a far foto siamo buoni tutti, quello che non siamo buoni tutti è non aver paura, o incorniciare in un’inquadratura i sentimenti degli altri, di chi abbiamo intorno. Giulia ci riesce.

Non servono migliaia di euro di ottiche e attrezzature – le basta una sola macchina fotografica analogica, figuriamoci – basta una buona idea, insieme al carattere giusto per conquistare la fiducia degli altri e starci in mezzo, finché non ti regalano le loro emozioni. Giulia sarà con noi al MI AMI 2016, a fotografare e raccontare quello che accadrà nella due giorni al Circolo Magnolia, e noi nel frattempo abbiamo voluto conoscerla meglio.

Ciao Giulia, forse non tutti i nostri lettori ti conoscono: potresti presentarti ai lettori di Dailybest?
Ho 23 anni e vivo a Milano. Oddio, non mi piace molto l’ idea di presentarmi da sola. Credo che le mie fotografie siano più interessanti della mia vita privata. Io sono introversa e allo stesso tempo impulsiva, poco equilibrata. La fotografia mi aiuta a superare entrambe le cose; diventa un pretesto per avvicinarmi alle persone e poterle studiare e allo stesso tempo mi permette di studiare me stessa e di distrarmi dai sentimenti negativi che a volte mi assalgono. Fotografo principalmente la giovinezza altrui in cui mi rispecchio, per cui le emozioni, l’ insicurezza, il mondo femminile adolescenziale, la sessualità, la ricerca della libertà.

 

giulia bersani intervista GiuliaBersani.com

 

Prima di raccontare dei tuoi progetti futuri, volevo chiederti che cosa farai al MI AMI…
Cercherò di catturare, appunto, le emozioni altrui. Nel periodo di gennaio/febbraio 2016 ho dovuto affrontare una piccola crisi personale, dovuta alla fine di una relazione, e ho dovuto fare i conti con me stessa. In quel periodo per caso ho praticamente riscoperto la musica indipendente italiana e mi ha aiutata molto. Ho iniziato ad andare ai concerti che avevo sempre snobbato e mi è piaciuto moltissimo il modo in cui alcuni artisti (ad esempio Pop X, che ci sarà anche al MI AMI) cercano il contatto diretto con il pubblico, creando un flusso di energie e di emozioni potentissimo.

“Vietato lamentarsi, vietato pensare, vietato piangere” è un tuo libro che colpisce
Il titolo è provocatorio. Questo libro è venuto fuori da un giorno all’ altro. Ero nel periodo difficile di cui parlavo prima e un giorno in cui ero piena di ansia, discutendo con un amico, mi è stato detto “questi problemi non esistono, sono solo nella tua testa! smetti di lamentarti, di pensarci e di piangerti addosso e vedrai che starai meglio”. Per i primi dieci minuti mi sono detta “ok, da ora queste sono le regole”, poi mi sono incazzata e ho deciso che volevo avere il diritto di lamentarmi e che probabilmente le mie emozioni negative sarebbero state un buon carburante per il mio percorso creativo. Così la sera stessa ho preso in mano degli appunti scritti un paio di notti prima e ho deciso di volerne fare un libro.

 

 

Ho visto che hai scelto di realizzarlo completamente a mano, quante copie ne hai realizzato?
Sì, non si sa esattamente quante copie ne esistano perché ho deciso di non numerarle e di continuare a crearle finché sarebbe durato quel periodo di iper-emotività. Anche in questo sono stata impulsiva. Mi sono detta: forse non è appropriato che io mi lamenti e sia triste? Fanculo, mi lamento e sono triste lo stesso, e con questa tristezza ci faccio un libro! Quali sono i procedimenti per fare un libro? Dovrei essere paziente, creare un testo abbastanza consistente, correggerlo, mandarlo a qualche editore, eccetera. Fanculo, io prendo dei fogli di carta, ago e filo e questo libro me lo costruisco da sola. L’ ho preparato in un paio di settimane, l’ho presentato in un posto magico (Camerechiare, in cui eravamo in 30 persone a parlare in ciabatte, seduti per terra e con gli occhi lucidi) e ne ho pubblicato la scansione direttamente sulla mia pagina Facebook e sul mio sito personale. Così sono arrivata anche alla redazione di Rockit che più avanti mi ha invitata al Mi Ami per questo nuovo progetto di cui parlavamo sopra.

Pensi che ripeterai l’esperienza di un libro unico, fatto a mano, in futuro?
Non so se troverò ancora il tempo e se capiteranno altri periodi di ispirazione, ma mi piacerebbe. È stato molto bello. Ho fatto commuovere tante persone che si sono ritrovate nelle mie esperienze; alcune ragazze hanno sentito il bisogno di aprirsi e di raccontarmi le loro storie. Sono molto attratta da questo tipo di comunicazione, diretta e senza filtri.

 

giulia bersani intervista GiuliaBersani.com

 

Il corpo umano è centrale nei tuoi scatti, anche il tuo corpo. Quando e perché hai iniziato a “usarlo” nella tua fotografia?
Sì, questa è una cosa inconscia quindi non so spiegartela bene. Credo che il nudo abbia a che fare sempre con il concetto di ricerca della libertà. Io fotografo principalmente ragazze in cui mi ritrovo e il loro corpo mi aiuta ad avvicinarmi a loro e a trasmettere, attraverso le foto, sensazioni intime in cui a loro volta altre persone si possono ritrovare. Il mio punto di vista è quello di un’ osservatrice che studia se stessa riflessa nelle altre ragazze, non quello di un ammiratore. Mi interessano i gesti, l’espressività, i difetti. Per quanto riguarda il mio corpo il motivo principale per cui ho iniziato a fotografarlo è stato quello di immortalare me stessa giovane, per non dimenticarmi.

Che cosa hai voluto raccontare nel tuo Tumblr http://megiuliabersani.tumblr.com?
Quello è, appunto, un diario dedicato alla me del passato. Ho cercato di immortalare in modo realistico, tramite autoritratto, vari momenti di vita quotidiana. Nell’ultima parte mi sono fotografata spesso dopo la doccia in camere d’hotel, quindi neutra in ambiente neutro, perché stavo per trasferirmi e volevo capire cosa sarebbe rimasto di me senza la mia camera, senza la mia famiglia, le vecchie abitudini. In questo momento sono in pausa ma credo che lo riprenderò.

 

giulia bersani intervista GiuliaBersani.com

 

Ho letto invece che il progetto Stronger è stata una delle esperienze più forti della tua vita
Tutto è partito da un periodo di noia. Ho messo un annuncio sulla mia pagina Facebook in cui cercavo una storia da raccontare; qualcuno che si fidasse di me e mi lasciasse fotografare la propria vita. Tra le varie risposte mi ha colpito quella di Giada, una ragazza di Napoli. Mi ha colpito la profondità delle sue parole; non si capiva concretamente di cosa si trattasse ma si capiva che era molto sensibile aveva bisogno e voglia di raccontarsi, così sono partita per Napoli e ci sono rimasta due settimane. Arrivata giù ho scoperto che aveva circa 30 anni, una figlia di 10, una relazione amorosa turbolenta ed un passato familiare e personale molto difficile. All’ inizio mi sono sentita un’ intrusa. Però ho resistito e ne è valsa la pena. Abbiamo parlato molto, ho conosciuto tutte le persone con cui aveva a che fare, ho vissuto momenti bellissimi e bruttissimi, in ogni caso indimenticabili. In più mi sono innamorata della città, in cui tutto mi sembrava essere più forte, le emozioni di ogni tipo, i colori, i suoni, la musica, gli odori, i sapori il carattere delle persone.

Qual è il progetto cui sei più affezionata?
Personalmente quello degli autoscatti. Fotograficamente Lovers di cui non abbiamo parlato ma che potete vedere sul mio sito.

E qual è quello che non rifaresti, se c’è
No, non credo ci sia.

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