Society
di Simone Stefanini 12 Luglio 2020

Le 5 cose che succedevano a tutti giocando a pallone per strada

Ve lo buco il pallone. Gli anni 80, gli amici, le ragazze e le partite per strada.

Questo è il momento dei film in cui il protagonista guarda in alto, i contorni si fanno sfocati e giunge, con una musica d’arpa, il flashback. Vi ricordate delle vacanze estive in cui non avete fatto altro che andare al mare di giorno e giocare a pallone per strada la sera? Si parla del tempo in cui c’erano meno macchine in strada e meno telegiornali pronti a spaventarti.

Che tu sia stato il bullo del quartiere o l’impersonificazione della sfiga, l’atleta o il cicciobomba, il nerd o lo strano,  non puoi esserti sottratto al gioco del pallone in strada. Andiamo a ricordarti 5 fatti che assolutamente ti sono capitati fra una gincana tra le auto in sosta e gli sguardi del tuo primo amore:

 

1) La preparazione più lunga  della partita

In due si gioca a scartarsi e fare i tiri in porta, in tre al limite si può giocare a torello o a “mettimela qui che faccio la rovesciata alla Vialli” (meglio sulla spiaggia, in strada partono le vertebre). In quattro, finalmente, si possono fare le squadre. In quel preciso frangente, però, finiscono le amicizie. Il tuo best friend forever che abbassa gli occhi e sceglie uno che ti sta anche sui coglioni, ma che è evidentemente più bravo di te,  che coi tuoi piedi Chiquita non la butti dentro nemmeno con Photoshop. Oppure quando siete in tanti e te vieni scelto per ultimo coi sospiri del capitano che preferirebbe mangiare puntine da disegno prima di averti in squadra. Ora magari sei il CEO di qualche fruttuosa startup in California e vai a cena con gli eredi di Steve Jobs, ma quel pensiero ancor ti offende. La peggiore ipotesi: nessuno ti sceglie e ti tocca fare l’arbitro. Roba che se passava di lì una ragazza era meglio fingersi morto. Le porte fatte con gli zaini o i giubbotti, le distanze regolamentari prese da te che hai le leve inferiori corte e l’altro capitano che invece ha la falcata di Pippo Baudo, con contorno di polemiche e recriminazioni. La traversa immaginaria, foriera di gol fantasma che avrebbero ucciso il più solerte addetto al moviolone. Poi, tra aspettare che ci siano tutti, che arrivi quello col pallone, che si siano spenti i dissapori sulla scelta delle squadre, che si siano concordate a maggioranza (o con la legge del più forte) le regole basilari (niente calci nelle palle, occhio ad Alessio che c’ha gli occhiali doppi e se li rompe suo padre lo cinghia, chi la vede per prima urla “macchina”, chi la butta ci va (a riprenderla), se finisce sul terrazzo della vecchia ci si disperde e ci si ritrova da un’altra parte, il rigore si batte all’altezza della ruota posteriore della R5 blu, chi perde va a dire ad Anna che c’ha delle belle tette oppure fa vedere il culo a tutti) si era già fatta notte e la partita durava un quarto d’ora di sangue.

 

 

 2) Il terrore della vecchia

 

Magari è la dolce nonnina di qualcuno, ma durante la partita, diventa “la vecchia”, un mostro a 6 teste pronto a distruggere le felicità dei ragazzi in campo. Dal terrazzo ad urlare “ve lo buco” (un classico eterno) anche se a memoria d’uomo nessuno ricordi di aver mai visto una nonnetta Rambo che entra in campo col coltello. A meno che il pallone non sia entrato nella sua proprietà. In quel caso, la vecchia diventa un aguzzino dell’Isis, pronta a confiscarti il Supertele e a sgozzartelo davanti, con così tante coltellate che puoi sentire, nitida, la musica di Psycho nella tua testa. In casi estremi, abbiamo sentito dire di anziane che irrorano la gioventù bruciata col pitale notturno, ma forse sono leggende urbane. We want to believe.

 

3) La tipa che ti piace

 

Una dolce brezza estiva, dalle finestre esce la musica di Sandy Marton che fa impazzire il Festivalbar oppure Luca Carboni che parla di una moto usata ma tenuta bene per andare al mare. Sul muretto, lei è seduta con le sue amiche a guardare voi ragazzetti sudati e brufolosi che giocate a pallone. Parlottano tra di loro, ridono, ammiccano questo o quell’altro. Lei diventa un po’ rossa mentre ti guarda, il tuo sogno si sta avverando quando ti becchi una pallonata piena nei coglioni e cadi a terra. Le ragazze ridono, i tuoi amici ti chiedono dove guardavi, poi fanno 1+1, capiscono e intonano canzoncine di scherno.  Tu vuoi morire e l’amore diventa tragedia. Oppure quando devi attrarre l’attenzione della tipa che ti piace mentre lei guarda altrove. Ogni volta che il pallone va nella sua direzione lo vai a prendere te, tiri in fuori il petto, ti fai bello e tacchino. Lei ti ignora una, due, tre volte finché spazientito provi a tirarle il pallone addosso, gentilmente, per poterle toccare le mani quando te lo rende. Ti esce fuori un tiro alla Roberto Carlos, di quelli che a Holly e Benji rendevano il pallone ovale con la scia rossa tipo Ufo. La prendi in piena faccia, praticamente la sfiguri. Lei piange e te, con voce malferma chiami “palla?”

 

4) I recuperoni

 

I recuperoni sono quelli situazioni in cui il pallone finisce in pertugi angusti e qualche pazzo lo deve andare a riprendere. Oppure quando inavvertitamente la tua spazzata via alla Montero spacca di netto lo specchietto di una Renault 4 e devi dissolverti tempo zero per non prendere le mazzate dal proprietario. I classici del recupero sono: palla che finisce in mare (o dentro specchi d’acqua infestati da nutrie che giocano meglio di te) e il nuotatore provetto si immola per portarla in salvo (bevendo litrate di acqua putrida), palla che finisce sotto la macchina e lì, quello venuto da casa più sporco va sotto e la riprende, tirando enormi calci all’albero maestro e alla marmitta della stessa nel tentativo di cogliere la sfera, palla che finisce sull’albero e allora a tirargli di tutto: sassi, scarpe, zaini, gatti nel tentativo di farla venire giù, oppure l’impavido uomo scimmia che scala l’albero, diventando l’idolo di tutti. Il peggior recuperone però è quello che fa paura: la palla che finisce dentro la proprietà privata/casa infestata/cimitero indiano/fabbrica abbandonata/bosco degli assassini/culla dell’anticristo/terrazzo della vecchia. Lì si fa la conta (quasi sempre con parole inventate quindi truccatissima) su chi ci va e poi son cazzi. Momenti di puro terrore, arrampicate senza rete su grondaie, calate dai tetti ostentando sicurezza ma con la morte nel cuore. Chi ne è uscito vivo la racconta ai nipoti.

 

5) La partita

 

Il gioco vero e proprio in realtà è un insieme di calci rotanti, dimostrazioni di buonannullismo balistico, risse, piagnistei, croste alle ginocchia, imprecazioni creative, maglie strappate, ciocche di capelli altrui rimaste in mano e giocate leggendarie. Quello bravino scarta tutti tipo Maradona contro l’Inghilterra, la infila e poi si abbandona ad esultanze che durano più del primo tempo. Il portiere fa anche da allenatore in campo e maledice tutti, i difensori non tolgono mai la gamba, l’attaccante puntero tira dei missili che si infrangono nelle saracinesche, facendo sopraggiungere gli adulti causa casino che fanno rientrare subito i più timidi nelle loro case, minacciando di “dirlo a tua mamma”. La partita finisce, quando si riesce, con punteggi stellari tipo 107 a 3, ma di solito alla fine non ci si arriva neanche, causa interruzioni per macchine che passano, abbandono di metà squadra, litigate epocali, ed il classico dei classici: il tipo che dice: “il pallone è mio e ora lo porto via, così non gioca più nessuno.”

Se hai mai pronunciato questa frase, sappi che anche a distanza di anni, rimani una brutta persona.

 

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